mercoledì 12 gennaio 2011

Programmi, modifiche inattese e improvvisazione (parte prima?).

Tutti noi allenatori arriviamo la sera in palestra (mi auguro) con il nostro bravo programma di allenamento, attentamente preparato a casa (vi evito noiose elucubrazioni su macrocili, microcicli, ecc.). La domanda è: quante volte riusciamo a svolgerlo così come lo abbiamo pensato? spesso, mai, talvolta? Per sviscerare un pò questo problema comune, penso, a tutti coloro che cercano di applicare una qualche forma di programmazione alla propria attività di allenatori, ho iniziato a chiedermi innanzitutto quali sono i motivi per cui ciò accade per poi, spero, ragionare su metodi e soluzioni per cercare di migliorare le cose (magari in un post successivo).

Allora: Perchè talvolta non riusciamo a fare, in tutto o in parte, quello che ci siamo preventivamente proposti? Provo a buttare giù un elenco dei motivi, assolutamente nell'ordine in cui mi saltano in mente e senza dettagliare, giusto come spunto di riflessione;
  1. Assenza imprevista di uno o più atleti;
  2. Assenza imprevista di un collaboratore;
  3. Più o meno gravi infortuni o indisposizioni di cui non eravamo informati;
  4. Logistica della palestra e/o attrezzature mancanti o danneggiate;
  5. Approccio negativo degli atleti all'esercizio proposto;
  6. Esercizi proposti che si rivelano inadatti alla situazione;
Sicuramente ve ne sono altri, ma almeno nella mia esperienza questi sono i principali motivi che mi spingono talvolta a modificare "al volo" uno o più esercizi in un allenamento.

Dando per scontato quello che ho detto all'inizio, e cioè che noi allenatori prepariamo sempre i nostri allenamenti con serietà e attenzione, cercando di prevedere tutti i problemi possibili, diciamo che mentre i primi quattro punti sono spesso inevitabili, gli ultimi due dipendono molto, a mio parere, dall'esperienza dell'allenatore e dalla conoscenza che egli ha del suo gruppo, intesa come capacità di prevedere le reazioni dei suoi atleti alle esercitazioni proposte. E' vero che la disciplina sportiva del nostro gruppo (dirigenti compresi) può ridurre al minimo la possibilità di trovarci nelle condizioni descritte dai punti 5 e 6, ma mi piacerebbe ragionare un pochino su queste ultime due situazioni, che tra l'altro sono molto simili tra loro.

Il nostro obiettivo in palestra, credo che su questo siamo tutti d'accordo, è sfruttare al meglio il tempo a disposizione per migliorare quelle capacità che permetteranno ai nostri atleti di giocare insieme nel modo più efficace. Detto ciò, ricordo che esistono molte pubblicazioni che correlano direttamente l'apprendimento motorio alla situazione emotiva* dell'allenamento, quasi tutti arrivando alla conclusione che l'apprendimento non avviene o avviene in forma molto limitata se l'atleta non "accetta" l'esercitazione proposta. Questo a prescindere l'esercizio in se sia valido o no.

Ciò che intendo dire è che anche il migliore esercizio, se non viene considerato valido dagli atleti o comunque non soddisfa le loro aspettative, non ci consente di giungere ai risultati sperati. In pratica stiamo usando male il tempo a nostra disposizione.

Ma perchè uno o più atleti, in determinate situazioni, tendono a reagire ad un esercitazione proposta in maniera negativa? Premetto che, nel mio modo di ragionare, la responsabilità di ciò che accade in palestra è sempre dell'allenatore, il quale deve fare di tutto per capire i problemi del gruppo e delle persone prima che esplodano e prevenire le situazioni negative con interventi più o meno drastici.

Detto ciò tenderei a classificare i motivi più o meno in quattro gruppi, tralasciando volutamente le cause esterne alla palestra, che comunque sono da tenere in considerazione:

  • Esercitazione inadatta al gruppo: Probabilmente l'esercizio proposto non è adatto alla qualità fisiche, tecniche o tattiche delle atlete. Il compito richiesto potrebbe essere troppo semplice (genera noia perchè l'atleta non ha bisogno di impegnarsi troppo per riuscire) o troppo complicato (produce frustrazione in quanto non si riesce a farlo).
  • Situazione ambientale inadatta all'esercizio: L'ambiente in cui stiamo lavorando spesso crea difficoltà nell esecuzione dell'esercitazione proposta: troppi atleti coinvolti in una palestra piccola, un esercizio poco dinamico in una giornata fredda, ostacoli che non ci consentono di spostarci liberamente, il sole in faccia che entra da una finestra, ecc. sono tutti motivi che possono indurre l'atleta a considerare l'esercizio frustrante.
  • Esercitazione inappropriata al momento: E' forse il caso più difficile da valutare, in quanto la stessa esercitatione, proposta in altri giorni allo stesso gruppo ha dato e darà risultati positivi. Può essere dovuto al fatto che il giorno abbiamo sollecitato troppo alcuni gruppi muscolari, alla stanchezza di alcuni atleti chiave (es. palleggiatore) o, talvolta, alle pressioni dovute alla stagione agonistica (es. situazione in classifica, andamento delle ultime gare).
  • Esercitazione percepita come inutile: Accade quando non abbiamo spiegato bene il fine dell'esercizio o, più in generale, quando uno o più atleti non considerano quell'esercizio come allenante e utile alla loro crescita. Capita molto spesso con gruppi e atleti esperti che hanno difficoltà ad accettare nuove metodologie d'allenamento o con giovani che si sono allenati sempre con lo stesso allenatore.
Ok. Qui mi fermo... ci sono abbastanza spunti per ragionare. In un prossimo post mi piacerebbe scrivere qualcosa su come agire per risolvere o limitare al minimo l'occorrenza di queste situazioni, perciò scrivetemi come sempre per farmi sapere il vostro punto di vista, ok?
Ciao

---
* ricordo un libro interessante letto tempo fa, purtroppo non era mio ma solo in prestito, che si intitolava "Manuale di Psicologia agonistica". potete vederne un'anteprima cliccando qui