mercoledì 12 dicembre 2007

La Motivazione negli atleti "maturi"

Mi capita quest’anno di vivere in prima persona la gestione dei problemi motivazionali nei gruppi cosiddetti “variegati”, quelli cioè in cui convivono insieme giovani di belle speranze con giocatori evoluti, convogliati insieme per un unico obbiettivo di squadra.
Generalmente si attrezza una squadra giovane per affrontare campionati seniores con l’ausilio di due o tre elementi di tasso tecnico elevato che possano sopperire ad eventuali limiti tecnici e psicologici dei giovani compagni. In una realtà del genere si può ben capire che per un atleta giovane la stagione diventa doppiamente stimolante, sia perché con l’incremento del tasso tecnico aumenta il livello di competitività della squadra di cui il giovane è parte integrante, sia perché durante gli allenamenti l’attenzione, alimentata dallo spirito di emulazione verso i compagni più esperti, rimane sempre elevatissima.
Ci siamo invece mai posti il problema dei cosiddetti “anziani”, in altre parole come si fa a tenere alto il livello di motivazione in atleti cosiddetti “maturi” che devono quotidianamente convivere con i rendimenti altalenanti e le mancanze di continuità dei loro compagni più giovani?
Al di là dei cosiddetti incentivi economici che possono convincere un atleta esperto a mettersi in discussione con un gruppo più giovane è innegabile che ci sia anche una componente psicologica che non bisogna trascurare.
In alcuni casi penso che ci sia una predisposizione naturale per alcuni senior ad accettare questo ruolo di “coach” aggiunto dentro e fuori dal campo (in altri termini non tutti sono disposti a tollerare allo stesso modo la mole di errori e la mancanza di continuità di prestazione di un ragazzo durante gli allenamenti o le partite), per cui questa “missione” di contribuire alla crescita del giovane pallavolista è in questi atleti automotivante.
Ma non sempre questo accade, ed allora l’allenatore deve intervenire cercando quegli spunti affinché il livello di attenzione e di buona predisposizione verso l’obbiettivo comune di squadra rimanga sempre alto onde evitare che si generino preoccupanti situazioni destabilizzanti per il gruppo che talvolta possono portare anche a dolorosi allontanamenti (volontari o coatti).
In cosa consistono questi spunti? Beh si parte dal presupposto che per qualunque giocatore, per quanto anziano o esperto o blasonato, è impossibile che non esistano degli aspetti tecnici o tattici per i quali non ci siano ulteriori margini di miglioramento. E proprio da qui che secondo me bisogna partire, fissando anche con questi atleti dei piccoli obbiettivi tecnici o tattici per i quali ci si aspetta un feedback positivo nel corso della stagione. (ad. es. l’alzata in bagher per un palleggiatore evoluto, o il miglioramento di una direzione del bagher laterale per un ricevitore, o l’alzata per un centrale, o una tecnica difensiva…)
In questo modo si dovrebbe ottenere un duplice risultato:

  • Il livello di motivazione per questi atleti, che non si sentono più soltanto delle “balie asciutte”, dovrebbe rimanere inalterato durante tutta la stagione, finalizzato al raggiungimento del loro obbiettivo individuale.
  • La presa di coscienza di non essere perfetti ma di avere margini di miglioramento li dovrebbe rendere sicuramente più tolleranti nel sopportare le lacune dei giovani compagni.

2 commenti:

Daco ha detto...

In questi gruppi secondo me vanno inseriti solo veterani di un certo tipo, non tutti sono capaci di capire le difficoltà di un giovane, non tutti sono disposti a lavorare ancora di più per coprire le carenze del giovane, una squadra giovane ha bisogno del giocatore esperto ma dovrà sudare le 7 camicie per tirare su la squadra. Non penso di essere l’unico a aver sentito frasi del tipo: “io per allenarmi faccio mille sacrifici” oppure “io alla loro età giocavo molto meglio”. Per me questi giocatori esperti devono avere proprio la vocazione per lavorare con i giovani, devono incoraggiare, aiutare e stimolare, invece non tutti riescono, il carattere è la prima discriminante e a volte verrebbe da dire… “ti ricordi quei giocatori esperti che ti hanno aiutato 10 anni fa?”. Alberto spiega molto bene e giustamente come stimolarli, ma secondo me la cosa che dovrebbe stimolare di più deve essere l’aiutare un ragazzo a crescere, io mi aspetto dai giocatori esperti che abbiano molta più testa e molta più capacità di lavorare in un ottica di squadra capendo e aiutando la squadra.

L@z ha detto...

Bene bene, molto interessante. Vi dico come la penso...sempre che ve ne freghi qualcosa ;o)

Primo. Se un atleta "anziano" viene in palestra, anche se talvolta il motivo principale sono purtroppo i soldi, è comunque motivato e spesso conosce le sue carenze. Parlandogli si può capire quali sono le cose in cui LUI si ritiene debole e che LUI vorrebbe saper fare. Ho rimarcato LUI perchè l'errore più grosso che si può fare con un atleta avanti con gli anni è insistere nell'insegnargli cose che, pur non sapendole fare, Lui non ritiene necessarie.
Tempo fa ho cercato di insegnare ad attaccare una palla tesa ad un atleta che era convinto che a lui bastasse la palla alta, e non c'è stato verso. Si accontentava del fatto che faceva punti con l'80% delle squadre, ma quando si trovava davanti un muro compatto faceva fatica a passare... ma per lui andava bene così. Allora sono passato a correggergli gli spostamenti a muro, in cui si sentiva debole. ha lavorato come un mulo, e a fine anno era contentissimo del lavoro fatto e dei risultati ottenuti.
Questo per dire che quando dobbiamo lavorare con un atleta grande, abbiamo spesso necessità di stipulare una specie di accordo, un patto che preveda qualche rinuncia di entrambi in cambio della disponibilità a lavorare insieme. Ma una volta che lo portiamo a lavorare dalla nostra parte, un atleta esperto è una risorsa enorme per la squadra, infatti...

Secondo. Per la crescita di un giovane, l'apporto dei compagni di squadra più grandi non è solo importante, ma a mio parere è NECESSARIO. Da giocatore ho imparato molto dagli allenatori, ma MOLTISSIMO dai miei compagni più grandi. Uno degli errori che secondo me la federazione ha fatto e su cui sta perseverando è quello di dare troppa importanza ai campionati under rispetto a quelli di categoria. Ci sono ormai troppi atleti/e che arrivano alla maggiore età avendo fatto solo qualche allenamento e un pò di ingressi nei campionati di categoria, e non anno mai visto una seconda o prima divisione. I compagni più grandi, anche quelli con atteggiamenti negativi, fanno capire al ragazzo cosa bisogna o non bisogna fare in palestra, come comportarsi, ecc. Ma mi sà che qui cè molto da dire...penso che a questo ci dedicherò un post.
Ciao