venerdì 21 dicembre 2007

Sempre sugli atleti "maturi" (e Buon Natale)

Dopo aver letto l'ultimo post di Alberto Giorda sugli atleti "maturi", vorrei ampliare il discorso oltre l'aspetto tecnico, rimarcando alcuni altri aspetti che il lavorare con uno o più atleti esperti in palestra porta con se. Ovviamente non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma in generale ci sono degli aspetti comuni a questi atleti che vorrei sottolineare.
Diciamo che noi allenatori ci dividiamo in due categorie, più o meno distinte, quelli che considerano gli atleti maturi come preziosi, e quelli che li considerano dei rompiballe.
Si, perchè un atleta adulto è quasi sempre anche un rompiscatole: è uno che se ci inventiamo una cagata di esercizio si gira di palle e lo fa male, se lo facciamo sfreddare si lamenta, se lo teniamo in battuta mezz'ora s'incazza, se lo mettiamo in coppia col ragazzino scarso ci guarda sbuffando... insomma tutto il contrario di una ragazzina di 15 anni, che qualunque schifezza di lavoro gli facciamo fare sta zitta (vabbè non tutte...lo so) e lavora... al limite si lamenta con le compagne nello spogliatoio.
Siamo tutti buoni a fare i grandi allenatori con i ragazzini, ma con gli adulti? Noooo, non è colpa nostra: sono loro che sono dei rompiballe! Basta con questi grandi, che ce ne facciamo? Anzi guarda, l'anno prossimo direi di non fare più neanche la prima divisione, facciamo solo l'Under 18, cosi i ragazzi giocano lo stesso e questi ce li togliamo di mezzo una volta per tutte.
Mah...
Quante volte ho sentito parole simili, da colleghi allenatori e da dirigenti. Che dire. Io penso che gli atleti maturi siano una risorsa enorme, sia per noi allenatori, in quanto non hanno problemi a dircelo quando non sono d'accordo con noi, sia per far crescere i compagni più giovani. Quando giocavo penso di aver imparato tanto dai miei compagni più grandi, e anche gli atteggiamenti negativi di qualcuno in un certo senso mi hanno fatto crescere, mettendomi di fronte a ciò che era giusto o sbagliato fare in palestra. Ricordo ancora lo sguardo incazzato del compagno "bravo" a fianco a me quando sbagliavo una ricezione, che mi puniva più di qualsiasi urlo dell'allenatore. Ma anche le pacche sulla spalla quando facevo qualcosa di buono, che forse non si aspettavano da me... era come avere 5-6 allenatori in palestra, ciò che sfuggiva all'allenatore, non sfuggiva a loro.
Oggi molti atleti arrivano a 18 anni avendo giocato quasi esclusivamente con persone della loro età; Ma quando l'allenatore gira le spalle un attimo, che succede? Chi gli insegna come stare in palestra e come comportarsi in una squadra? L'allenatore può essere sbeffeggiato, ci si può "passare" quando non guarda, si può sfotterlo alle spalle, come col professore a scuola. Ma coi compagni più grandi è difficile, perchè il "compagno grande" non è un allenatore, e non gliene frega niente se il ragazzino può diventare forte o no: O sei forte ora, oppure devi impegnarti per diventarlo. Punto. Di tute le menate che pensano i dirigenti e gli allenatori non gliene frega niente.
Vorrei fare una proposta provocatoria in questo senso. Basta con le squadre di soli ragazzini, sono secondo me una delle cause principali della bassissima qualità dei giovani oggi in Sardegna. Propongo l'obbligo di due over 28 in ogni squadra under :).
Ovviamente scherzo, ma bisogna iniziare a capire che i giovani devono avere dei punti di riferimento in squadra, l'allenatore non basta.
A proposito... BUON NATALE A TUTTI!

mercoledì 12 dicembre 2007

La Motivazione negli atleti "maturi"

Mi capita quest’anno di vivere in prima persona la gestione dei problemi motivazionali nei gruppi cosiddetti “variegati”, quelli cioè in cui convivono insieme giovani di belle speranze con giocatori evoluti, convogliati insieme per un unico obbiettivo di squadra.
Generalmente si attrezza una squadra giovane per affrontare campionati seniores con l’ausilio di due o tre elementi di tasso tecnico elevato che possano sopperire ad eventuali limiti tecnici e psicologici dei giovani compagni. In una realtà del genere si può ben capire che per un atleta giovane la stagione diventa doppiamente stimolante, sia perché con l’incremento del tasso tecnico aumenta il livello di competitività della squadra di cui il giovane è parte integrante, sia perché durante gli allenamenti l’attenzione, alimentata dallo spirito di emulazione verso i compagni più esperti, rimane sempre elevatissima.
Ci siamo invece mai posti il problema dei cosiddetti “anziani”, in altre parole come si fa a tenere alto il livello di motivazione in atleti cosiddetti “maturi” che devono quotidianamente convivere con i rendimenti altalenanti e le mancanze di continuità dei loro compagni più giovani?
Al di là dei cosiddetti incentivi economici che possono convincere un atleta esperto a mettersi in discussione con un gruppo più giovane è innegabile che ci sia anche una componente psicologica che non bisogna trascurare.
In alcuni casi penso che ci sia una predisposizione naturale per alcuni senior ad accettare questo ruolo di “coach” aggiunto dentro e fuori dal campo (in altri termini non tutti sono disposti a tollerare allo stesso modo la mole di errori e la mancanza di continuità di prestazione di un ragazzo durante gli allenamenti o le partite), per cui questa “missione” di contribuire alla crescita del giovane pallavolista è in questi atleti automotivante.
Ma non sempre questo accade, ed allora l’allenatore deve intervenire cercando quegli spunti affinché il livello di attenzione e di buona predisposizione verso l’obbiettivo comune di squadra rimanga sempre alto onde evitare che si generino preoccupanti situazioni destabilizzanti per il gruppo che talvolta possono portare anche a dolorosi allontanamenti (volontari o coatti).
In cosa consistono questi spunti? Beh si parte dal presupposto che per qualunque giocatore, per quanto anziano o esperto o blasonato, è impossibile che non esistano degli aspetti tecnici o tattici per i quali non ci siano ulteriori margini di miglioramento. E proprio da qui che secondo me bisogna partire, fissando anche con questi atleti dei piccoli obbiettivi tecnici o tattici per i quali ci si aspetta un feedback positivo nel corso della stagione. (ad. es. l’alzata in bagher per un palleggiatore evoluto, o il miglioramento di una direzione del bagher laterale per un ricevitore, o l’alzata per un centrale, o una tecnica difensiva…)
In questo modo si dovrebbe ottenere un duplice risultato:

  • Il livello di motivazione per questi atleti, che non si sentono più soltanto delle “balie asciutte”, dovrebbe rimanere inalterato durante tutta la stagione, finalizzato al raggiungimento del loro obbiettivo individuale.
  • La presa di coscienza di non essere perfetti ma di avere margini di miglioramento li dovrebbe rendere sicuramente più tolleranti nel sopportare le lacune dei giovani compagni.