mercoledì 28 novembre 2007

L'ottica dell'allenatore

Un problema che ho avuto quando ho iniziato a allenare è stato il guardare la partita con il coinvolgimento del giocatore, piano piano ho capito che dovevo guardare la partita da una maggiore distanza, ora mi spiego. Il giocatore valuta i palloni uno per uno, giro alla volta, si concentra nel massimo risultato per la singola palla, se anche l’allenatore usasse quest’ottica non capirebbe la partita, non avrebbe la lontananza giusta per capire l’evolversi della partita e capire su cosa intervenire, diciamo che dovrebbe essere quasi un dottore a bordo campo che cerca di trovare la medicina giusta al suo malato con la lucidità e il distacco che permetta di far funzionare il cervello. Troppo spesso invece presi dall’andamento della gara e il sangue al cervello che annebbia la vista ci troviamo più in palla dei giocatori, cosa che dovrebbe essere evitata ma cosa che è più facile a dirsi che a farsi, sarebbe meglio sforzarsi e guardare la partita da un ottica più lontana, che permetta non di guardare le azioni singole, ma lo sviluppo del gioco nel suo complesso. Tutti subiamo la partita come coinvolgimento e come emozioni, ma i risultati di questa tensione sono i più disparati, dalle urla senza fine ai silenzi, toccarsi i capelli, girarsi, saltare oppure parlare con tranquillità dopo l’errore del secolo. Una cosa però dobbiamo sempre evitare, andare fuori di testa, perché quando una nostra atleta ha i 5 minuti noi la facciamo accomodare in panchina, ma se fuori di testa andiamo noi… allora la partita è finita. Il nostro primo obiettivo è far si che la squadra si esprima al massimo, solo capendo la gara possiamo riuscirci, per fare quello allontaniamoci dalla singola palla e cerchiamo di avere uno sguardo il più ampio possibile, altrimenti con lo sguardo del giocatore si avranno secondo me 2 problemi: l’impossibilità di una lettura generale dalla gara e un coinvolgimento emotivo che ci potrebbe costare la lucidità delle scelte.

lunedì 12 novembre 2007

Spostarsi e fermarsi.

Uno dei problemi più grossi in cui spesso mi imbatto quando inizio a lavorare con un nuovo gruppo è fare in modo che gli spostamenti di gioco, soprattutto di chi non è immediatamente coinvolto nell'azione in corso, avvengano nei momenti giusti. Noi allenatori prepariamo gli atleti ai loro compiti e gli indichiamo le zone del campo dove devono svolgerli, ma spesso trascuriamo di insegnargli come vanno gestiti i tempi tra un compito ed il successivo.
Ok, ok... mi sono spiegato malissimo. cerco di chiarire cosa intendo. A mio parere anche i tempi di spostamento in campo devono essere fortemente legati alla lettura di ciò che avviene nel mio campo o in quello avversario. Il concetto fondamentale è che bisognerebbe effettuare gli spostamenti durante le fasi di volo della palla, mentre nelle fasi di tocco si dovrebbe essere il più possibile stabili e pronti a reagire ad un nostro tocco anomalo o ad una azione avversaria imprevista.
Facciamo due esempi, uno in fase di ricezione e uno in fase break.

1) Sono un attaccante in prima linea non coinvolto nella ricezione della mia squadra. appena l'avversario serve mi sposto il più velocemente possibile nella zona del campo a me assegnata, ma nel momento in cui un mio compagno effettua la ricezione devo essere stabile, con una postura che mi consenta sia di prepararmi per l'attacco sia di intervenire rapidamente in caso di errori. Una volta che vedo la ricezione, mentre la palla è in volo verso il palleggiatore, inizio la mia rincorsa (1° o 2° tempo) o mi preparo a partire (3° tempo).

2) Abbiamo appena attaccato e l'avversario è riuscito a difendere. Esco dalla posizione assegnatami per la copertura e, mentre la palla è in volo e il loro alzatore è in procinto di palleggiare, mi muovo verso la mia posizione preventiva di divesa sul primo tempo. Un attimo prima che il loro palleggiatore tocchi il pallone sono "fermo" e pronto a reagire a ciò che loro faranno. Se l'alzatore avversario non attacca o non gioca il primo tempo, mi sposterò durante l'alzata verso la mia successiva zona di difesa, fermandomi un attimo prima del colpo dell'attaccante per prepararmi alla difesa.

In conclusione, credo che quando è possibile gli spostamenti nella pallavolo devono essere concentrati al massimo durante le fasi di volo della palla, mentre durante i tocchi si dovrebbe essere "fermi" o meglio in una postura stabile che consenta di intervenire anche in situazioni impreviste.

martedì 6 novembre 2007

Arbitro lei è un …!!!!

Ho ricevuto questa mail dall'amico Daco, che invita a riflettere:

"Domenica ho assistito per l’ennesima volta a un’aggressione verbale pesantissima all’arbitro. Allenatore, dirigenti, segnapunti e genitori tutti a dire frasi offensive. Contiamo che sto parlando di una partita under, con la posta in palio inferiore a una pizzetta. Una cosa così esagerata e maleducata che mi ha spinto a scrivere qui due parole. Non è la prima volta che mi capita di assistere a scene simili ma si spera sempre di vederne meno, invece è sempre la stessa storia! Sento spesso lamentarsi che non si riesce a tenere i giovani in palestra, ma scusate un attimo… per tenerle in palestra a sentire parolacce e insegnare dei “bei” comportamenti, lasciamole a casa o mandiamole in piazza! Ci si lamenta di televisione e di modelli da imitare sbagliati e poi… noi andiamo in giro nelle palestre e vediamo scene del genere! L’educazione che pretendiamo nelle nostre palestre, come comportamento, come uso di un linguaggio che non sia quello da “strada” e come capacità di prendere un impegno e portarlo a termine…. dove finisce? Gli arbitri sbagliano ma ci sono modi e modi per dimostrare il disappunto. Mi sono capitati casi di “arbitronemico” cronica, ogni volta che si perdeva una partita la colpa era dell’arbitro e questa cosa veniva trasmessa dai dirigenti alle ragazze con notevoli problemi di comportamento per ogni palla dubbia. Poi anche io mi sono lamentato dell’arbitro, ci mancherebbe, e sono stati casi in cui l’arbitro stava condizionando di proposito la gara, ma parlo di casi rarissimi. Il rispetto per l’arbitro è una cosa che va insegnata ai ragazzi, l’arbitro non è il nemico, non è quello che sbaglia per farci un dispetto, bisogna battere sul fatto che l’arbitro fa parte del gioco, che senza di lui non si gioca!!! Io mi diverto a dire a qualche giocatrice che si lamenta dell’arbitraggio dopo la gara… “quanti errori ha fatto lui? E quanti tu?”.
Daco"

Che dire... tutti ci arrabbiamo quando un errore arbitrale contribuisce a farci perdere un set o una partita, ma la soglia dell'educazione non va mai superata, soprattutto da chi deve essere un esempio per i giovani. Ma il vero problema è che tra gli arbitri la Fipav non può permettersi di fare selezione... con pesanti risultati sulla qualità degli arbitraggi.