mercoledì 16 gennaio 2008

Quanto e dove imparo

Gli allenatori hanno diversi modi per migliorarsi e per imparare a diventare tali, in ordine temporale stilerei una classifica.
1) l’esperienza da giocatore;
2) il corso federale che dovrebbe anticipare il passaggio al ruolo di allenatore;
3) l’esperienza sul campo come aiuto allenatore a allenatori più esperti;
4) l’esperienza pratica personale;
5) tutti gli altri corsi federali e i vari aggiornamenti annuali ;
6) tutte le fonti di varia natura reperibili in rete o acquistare materiale tecnico come libri o dvd.
Tutte queste cose danno per ultimo il livello generale di conoscenza dell’allenatore, che è diverso da quanto saprà trasmettere. Da un punto di vista qualitativo è molto più difficile riuscire a mettere in ordine i vari fattori, perché probabilmente variano nel tempo e caso per caso; all’inizio la componente principale sarà l’esperienza da giocatore, ma con il passare degli anni crescerà molto il fattore pratico dell’allenare. Ognuno cerca di migliorarsi il prima possibile e sceglie strade diverse, sicuramente anche con risultati diversi. Immaginando una divisione temporale della vita di un allenatore in 3 fasi, possiamo pensare a i diversi fattori che si combinano; nella prima fase probabilmente ci sarà: 1. l’esperienza da giocatore 2. il corso federale 3. l’esperienza da aiuto allenatore, nella seconda fase 1. l’esperienza da aiuto allenatore 2. l’esperienza pratica personale 3. i corsi e gli aggiornamenti federali, infine nella terza fase della maturità 1. l’esperienza pratica personale 2. i corsi e gli aggiornamenti federali 3. tutte le fonti di varia natura reperibili in rete o acquistate.

Tutti questi fattori combinati danno il potenziale di crescita di un allenatore. Non sono entrato in un'ottica qualitativa dei vari fattori, quindi presumiamo che siano tutti dello stesso livello, altrimenti ovviamente non avrebbe avuto molto senso perché se i corsi federali sono scadenti oppure scadente è la mia esperienza da giocatore, farei bene a non prendere esempio. Se guardiamo questi fattori dall’ottica della provenienza, possiamo vedere che solo i corsi dipendono dalla federazione, altri da conoscenze umane e tecniche sviluppate prima di diventare allenatore e poi la componente principale che è l’esperienza diretta sviluppata nei vari anni. Quindi secondo me non si può imputare alla federazione demeriti o meriti degli allenatori, visto che il processo di formazione è per buona parte esterno alla federazione. Possiamo renderci conto come il percorso di crescita qualitativa dipenda dalle nostre scelte, ma noi che organizziamo la crescita degli atleti riusciamo a avere la stessa lucidità per organizzare la nostra o lasciamo che sia il caso a combinare i fattori?

3 commenti:

Unknown ha detto...

Manca un pezzo. Le prime esperienze da primo allenatore. Non credo che il passaggio per vice-allenatore sia indispensabile. Se si lavora in una società seria, con un direttore tecnico competente (allenatore esperto e direttore tecnico da anni), o comunque in società in cui è possibile essere visionati nel proprio lavoro, fare il primo allenatore è molto più formativo rispetto al fare il secondo. Almeno secondo me.
Avere sempre la pappa pronta è poco stimolante, avere i problemi risolti dagli altri è troppo comoda.
Per di più, se "capiti" a fare il vice ad un incompetente, è una tragedia. Un anno professionale sprecato.
Personalmente, quando ho iniziato a fare il primo allenatore ho capito veramente cosa voglia dire allenare, mentre, facendo il secondo, la visione è decisamente meno completa.
Riguardo all'esperienza da giocatore, aiuta. Ma credo che di recente ci sia una sopravvalutazione degli ex-giocatori.

L@z ha detto...

Scusate se intervengo così in ritardo, ma ho avuto pochissimo tempo in questi giorni. Complimenti Daco per il post, devo dire che quoto praticamente tutto quello che ha detto. Vorrei solo chiarire meglio il mio pensiero sull'argomento. Credo che ogni allenatore, esattamente come un atleta, prediliga soggettivamente dei processi di apprendimento diversi secondo la sua personalità e le sue attitudini. Valgono quindi anche per gli allenatori tutte le teorie dell'apprendimento, compresi i discorsi sui sistemi rappresentazionali fatti ad aprile dell'anno passato su questo blog. Ritengo soprattutto che per insegnare a fare qualcosa, qualsiasi cosa, siano necessarie quattro cose: 1) provare a farla 2) osservare e parlare con altri che insegnano la stessa cosa 3) studiare le esperienze degli altri. 4) programmarecon cura l'insegnamento.

Ci sono vari modi per ottenere fare questo. Posso spiegare come mi comporto io, ma sicuramente molti faranno meglio. Ho la fortuna di aver fatto qualche buona esperienza da giocatore in passato che mi ha aiutato moltissimo, ma se devo insegnare un movimento lo provo sempre prima io, o a casa in palestra prima dell'allenamento (punto 1). Quasi cosa che faccio in palestra è pensata prima a casa, dalle formazioni e i cambi in gara fino alle progressioni didattiche individuali (punto 4). Sfrutto ogni occasione per scambiare opinioni con altri allenatori (e questo blog ne è un esempio) anche in occasioni informali, come in tribuna mentre si guarda una partita. Talvolta vado apposta a vedere allenamenti di altre squadre, specie di altre categorie rispetto a quella che alleno (punto 2). Leggo e studio molto di quanto viene prodotto sul volley, e partecipo a tutti i corsi che posso (punto 3).

Questo è il mio modo di crescere come allenatore. Sono sicuro che si può fare di meglio, ma è il massimo che riesco a fare. Ciao

Flame ha detto...

Per me è importante andare a vedere cosa fanno gli altri allenatori. Solo che alla fine uno non ci va quasi mai per poltronite o troppi impegni. bisognerebbe trovare il tempo per andare a vedere quello che fanno gli altri in situazioni reali, non quelle artificiali dei corsi, dove i ragazzi sono sempre esattamente 12, selezionati, con tutti i ruoli coperti, motivati e disponibili a fare qualsiasi esercizio in silenzio, anche il più palloso!