lunedì 14 maggio 2007

Il compromesso Velocità/Precisione

Più o meno tutti abbiamo imparato, col tempo e con l’esperienza, che aumentando la velocità di un movimento cala la precisione dello stesso. Però probabilmente non tutti sanno che questo fenomeno è stato molto studiato in passato e continua ad essere argomento di discussione anche ai giorni nostri. Il pioniere di questi studi è stato sicuramente lo psicologo statunitense Paul Fitts, il quale già negli anni ’50 aveva elaborato una legge, nota proprio come Legge di Fitts(1), che lega in scala logaritmica l’ampiezza di un movimento, la sua precisione ed il tempo del movimento stesso.
In pratica è stato dimostrato che quando viene richiesto un movimento rapido, a parità di ampiezza, la precisione diminuisce esponenzialmente.
Questa nozione di “compromesso” tra velocità e precisione è stata successivamente molto studiata e applicata ad ambiti diversi, ma nonostante siano stati introdotti ad oggi modelli molto più accurati(2), basati su test sperimentali, rimangono parecchie domande senza risposta. In particolare non si è ancora compreso totalmente perché il nostro sistema psicomotorio ci fa perdere accuratezza quando viene richiesta una maggiore velocità.

Rimane il fatto, ampiamente dimostrato sperimentalmente, che ciò avviene. In particolare, quando eseguiamo movimenti molto rapidi (meno di 0,2 secondi) come un attacco nel volley, un rovescio di tennis o una battuta nel baseball, la rapidità dell'azione non ci consente di correggere il movimento durante la sua esecuzione rispondendo agli stimoli sensoriali (feedback), perciò l’esecuzione del movimento è affidata quasi esclusivamente agli schemi motori che sono stati costruiti con l’allenamento e l’esperienza, cioè osservando il risultato del movimento fatto e cercando di applicare la correzione nella ripetizione successiva.

Perciò, quando si vuole “allenare” la precisione di un colpo che richiede anche potenza (cioè rapidità, in quanto a parità di lavoro la potenza aumenta al diminuire del tempo di esecuzione del lavoro stesso) è necessario ripetere molte volte il movimento, ma bisogna fare attenzione a lasciare il tempo all’atleta di osservare con calma il risultato dell’azione tra una ripetizione e l’altra, magari aiutandolo con qualche osservazione verbale.
E’ il caso tipico dell’allenamento dell’attacco “forte” nel volley. Ricordando quanto detto prima, credo che per ottenere una buona efficacia nell’allenamento di questo colpo sia importante mantenere un intervallo tra ogni colpo non troppo breve ma neanche troppo lungo, diciamo tra i 5 e i 12 secondi, a seconda delle capacità dell’atleta nel valutare il risultato di ciascun colpo fatto.

Chiudo lanciando un’idea per un prossimo post. Nel volley, come in altri sport, non esiste solo la precisione "spaziale", intesa come mandare la palla dove vogliamo. C’è anche un'altra forma di precisione… la precisione “temporale”, cioè il colpire la palla quando vogliamo… ed è altrettanto importante.

P.S. Aggiungo i riferimenti bibliografici agli studi citati nel testo, se qualcuno ha voglia di spulciarseli…
(1) Fitts (1954). “The information capacity of the human motor system in controlling the amplitude of movement”. Journal of Experimental Psycology, 47, 381-391.
(2) Meyer, Abrams, Kornblum, Wright & Smith (1988). “Optimally in human motor performance: Ideal control of rapid aimed movements”. Psychological Review, 95, 3, 340-370.

3 commenti:

Flame ha detto...

Dunque, se ho capito bene, tu dici che per allenare l'attacco forte e preciso bisogna che le ripetizioni non siano troppo rapide ma neanche troppo distanti tra loro.
Credo da quello che hai scritto di aver capito perchè i colpi non devono essere troppo vicini, ma perchè non devono essere neanche troppo distanziati?
Ciao

L@z ha detto...

Quello che propongo è un metodo di allenamento applicabile in tutte le situazioni in cui devono essere allenate azioni molto veloci che richiedono un obiettivo di precisione. L'attacco "forte" nel volley è solo un esempio di colpo che rientra in questi parametri.
Per rispondere alla tua domanda, i colpi non devono essere troppo distanti tra loro perchè il feedback si perde velocemente. Se io faccio un attacco, passo sotto la rete, recupero il pallone che è finito in casino, rifaccio la fila e poi finalmente faccio un altro attacco (magari nel frattempo ho fatto anche un tiro a canestro e scambiato due chiacchere con i compagni in fila), capisci bene che probabilmente quello che mi è rimasto, in termini di feedback sensitivo e nervoso, del colpo precedente è ormai andato a farsi friggere.

Stefano Fanti ha detto...

La prima e unica volta che ho sentito parlare di conflitto tra velocità e precisione, è stato durante un master universitario, e devo ringraziare il cielo che quest’argomento non è stato oggetto d’esame…
La mia non è una risposta al quesito, anche se personalmente sono riuscito a darmi una spiegazione per mezzo di semplici nozioni che riguardano i meccanismi che regolano la contrazione muscolare che qui vi espongo in maniera super sintetica ( anche perché faccio fatica con la memoria). Parto affermando che nei movimenti lenti le unità motorie lavorano in maniera asincrona caratterizzando una tensione muscolare più o meno costante. Più elevato è il numero delle unità motorie che NON si contrae simultaneamente, minore sarà l’oscillazione della tensione muscolare garantendo un movimento più sciolto e preciso. Potete immaginarlo come un gioco di alternanza delle unità motorie, prima una poi un’altra ecc, senza mai sommarsi. Nell’esecuzione di movimenti veloci e in particolare di movimenti balistici, come per esempio l’attacco, le tensioni muscolare variano in quanto i picchi di forza e velocità variano in relazioni ai diversi momenti (accelerazione, max velocità ….) e qui le unità motorie sono reclutate simultaneamente determinando un movimento poco fluido e meno preciso.
Ora resta il dubbio se in fase di apprendimento di una nuova tecnica è meglio eseguire il movimento in forma lenta per essere più precisi o rapidamente come richiede l’azione reale. Gli esperti in scienze motorie affermano che se durante l’allenamento, quando si cura la tecnica ci si discosta troppo dalla velocità d’azione, normalmente elevata che viene richiesta in gara, si commette un errore di base. Quindi, è un errore di metodo esercitarsi a bassa velocità durante la fase di apprendimento di determinate forme di movimento. La frequenza ed il ritmo che poi saranno necessari, devono essere determinanti per i parametri della tecnica.
Caro Andrea, questa potrebbe essere un’ottimo quesito da proporre a Galli sabato prossimo.
Per quanto riguarda sul tempo intermedio tra una ripetizione e l’altra, sono più o meno d’accordo, ma non dimentichiamoci che quando stiamo lavorando per migliorare la velocità, non bisogna mai lavorare in condizioni di affaticamento muscolare.
Invece non sono d’accordo sulle tue affermazioni riguardo la precisione spaziale –temporale:
Per precisione spaziale non si intende “mandare la palla dove vogliamo, ma fa riferimento al movimento e alla precisione nel colpire un bersaglio fermo. Di conseguenza nel volley la palla è sempre in movimento ed è più giusto parlare di precisione temporale.
Al prossimo post