Sullo "stacco" nelle giovanili femminili.
Domenica a Cabras, durante un'interessante lezione di Marco Mencarelli, si è parlato, tra l'altro, di tempi di contatto del piede, forza e reattività nel salto. Un concetto che ha espresso mi ha colpito molto, anche perchè ho riscontrato spesso in palestra situazioni simili. Vorrei esporlo, così mi dite cosa ne pensate.
Si parlava della fascia U14 femminile (12-14 anni) e il nostro relatore ci ha fatto notare che a quell'età, in particolare nelle ragazze, la forza è praticamente pari a zero. Perciò se noi chiediamo ad una atleta di saltare al massimo lei tenderà ad usare l'unico "mezzo" che possiede per ottenere il risultato, e cioè la reattività del sistema caviglia-piede. Io in palestra questo l'ho sempre riscontrato. Chi ha poca forza muscolare a disposizione tende d'istinto ad arrivare allo stacco con le punte dei piedi, spesso senza poggiare i talloni e piegando relativamente poco il ginocchio, riducendo quindi al minimo il tempo di contatto al suolo e sfruttando al massimo la rapidità nell'azione del piede.
Se decido di correggere il movimento, per esempio chiedendo all'atleta di fare movimenti del tipo "tacco-punta" (vedi figura), di "caricare" maggiormente aumentando l'angolo al ginocchio, eccetera, sto praticamente chiedendo alla ragazza di ridurre l'uso reattivo delle gambe a favore della componente forza, col risultato che l'atleta si "pianta" al termine della rincorsa, saltando meno di prima perchè la sua forza non è ancora sviluppata abbastanza per consentirgli di andare in alto.
Il consiglio di Marco è stato quindi di non modificare il movimento di stacco, ma di richiedere all'atleta solo di saltare al massimo, accertandosi però che i passi della rincorsa siano nella sequenza corretta.
A questo punto mi è sorto un dubbio: Ma se io non modifico il movimento di stacco, quando queste atlete tra qualche anno inizieraranno a sviluppare la forza, dovrò agire sul movimento con qualche modifica?
Gli ho posto proprio questa domanda, e lui mi ha risposto che nella sua esperienza non c'è solitamente bisogno di correzioni specifiche in età sucessive, ma che l'atleta tende a modificare il movimento autonomamente quando inizia ad avere a disposizione maggiore forza muscolare, affiancandola alla reattività e sfruttando quindi entrambe secondo le proprie caratteristiche.
A noi allenatori rimane il compito di essere supervisori attenti di questo processo.