martedì 16 ottobre 2007

Ancora sulla fase break.

Ritorno su questo argomento per approfondire un commento di Baldereschi (PS ciao Alberto, ci vediamo domenica) al mio post di settembre sulla fase break. Ha puntualizzato un aspetto a mio avviso molto importante, su cui concordo pienamente: distinguere la fase break in due azioni distinte, a seconda che l'avversario attacchi in maniera efficace oppure ci restituisca una palla facile.

Distinguere, almeno per come intendo io la parola, vuol dire praticamente dare disposizioni differenti ai propri per affrontare le due situazioni, allenando entrambe e chiarendo la differenza di comportamento tra le due. Io per esempio, ma credo che anche molti di voi facciano scelte simili, in caso di palla facile chiedo al palleggiatore di disinteressarsi della difesa e di piazzarsi subito in zona d'alzata, affidando ad altri giocatori, solitamente il posto 6 e/o il posto 2 a seconda che il palleggiatore sia in prima o in seconda, di occuparsi dell'appoggio difensivo al posto del palleggiatore.

Il problema principale nell'usare tattiche simili è che tutta la squadra deve avere lo stesso concetto di "palla facile", in modo da comportarsi tutti allo stesso modo ed evitare che alcuni giocatori "leggano" una certa situazione e altri no. L'allenamento alle diverse situazioni è fondamentale nel costruire questa forma di "affiatamento" che porti la squadra ad adattarsi come un unico organismo ai diversi problemi creati dall'attacco avversario.

Come in quasi tutte le forme di allenamento, è importante a mio parere che l'allenatore sovrintenda questo processo prima separando l'allenamento delle distinte situazioni , in modo che ciascuno abbia chiari i suoi compiti in un caso e nell'altro, per poi avvicinarsi alla realtà del gioco mescolando le due situazioni con esercizi sintetici e globali.

3 commenti:

Daco ha detto...

Sarebbe interessante sapere qual’è la persona incaricata di chiamare la “palla facile”, io preferisco farla chiamare dal palleggiatore in modo tale che si possa posizionare subito nella sua zona, ma credo che si possa anche farla chiamare dal libero visto che ormai dovrebbe essere una specie di esperto della difesa e della ricezione e quindi occuparsi di tutte queste cose togliendo al palleggiatore almeno questo compito, oppure ancora si può decidere di farla chiamare al giocatore più esperto; non mi piace invece l’idea che non ci sia una persona incaricata, nel senso che ci potrebbe essere qualcuno che legge una cosa e qualcuno un'altra creando caos nelle posizioni come qualcuno che rimane a muro e qualcuno stacca o magari ancora peggio con tutti che staccano da rete e il palleggiatore che rimane fermo in zona 1. Questa fase merita di essere allenata al pari delle altre e stare attenti che non si corra il rischio che “palla facile” venga visto come palla relax, perché così non è, troppo spesso capita che su palla facile ci sia un appoggio sbagliato al palleggiatore per la troppa leggerezza con la quale viene gestita.

Unknown ha detto...

Secondo me ci sono due situazioni differenti.
1) L'entrata del palleggiatore. Questa cosa deve essere chiamata esclusivamente dal palleggiatore, a mio avviso è inutile che lo faccia qualcun altro.

2) Il muro. Questa situazione la possono gestire gli stessi giocatori a muro oppure il giocatore con la visuale migliore, che di norma è il lungo in 6.

L@z ha detto...

Sono d'accordo sul fatto che è il palleggiatore che dovrebbe chiamare il suo "ingresso" anticipato in prima linea.
Sul muro penso che la cosa importante sia che non succeda che uno sceglie di saltare e un altro no. Io preferisco affidare l'incarico al giocatore che ha la responsabilità del piazzamento del muro (la famosa "guida") di dire "lascia" o "lascialo" ai giocatori che ha accanto a muro. Ma ho visto altri allenatori affidare questa scelta sempre al centrale.