lunedì 26 marzo 2007

Comunicare in palestra

Vorrei fare alcune riflessioni su un argomento che mi è sempre stato molto a cuore, e che credo sia determinante per l'attività in palestra: come trasferire le informazioni ai nostri atleti? A mio parere spesso ci concentriamo troppo sul contenuto dell'informazione, sia essa un consiglio, una correzione, un incitamento od un rimprovero, e ci dimentichiamo alcune regole che sono alla base della teoria della comunicazione. Cercherò di chiarire ciò che intendo schematizzando in alcuni punti qualche concetto che considero molto importante:

1 - Penso che il momento scelto per trasmettere l'informazione sia determinante. Fare, ad esempio, fare una correzione durante l'esecuzione di un esercizio ha un effetto diverso dal farla durante una pausa. Il tipo di esercizio stesso si presta più o meno a certi tipi di informazioni; per intenderci a mio parere una correzione troppo "analitica" durante un esercizio globale spesso non riesce a raggiungere l'obiettivo.

2 - Altra cosa importante è il modo con cui interagiamo con gli atleti. Alzare la voce in modo che tutti sentano piuttosto che prendere l'atleta sottobraccio e parlarli a quattr'occhi, usare o no la gestualità, parlare al collettivo o all'atleta in particolare... insomma tutte le informazioni non verbali che trasmettiamo agli atleti non devono essere affidate al caso o all'umore del momento, ma attentamente soppesate in funzione anche del "peso" che vogliamo dare al contenuto dell'informazione.

3 - Sempre riguardo al modo di comunicare, dobbiamo ricordarci sempre che non tutti gli atleti hanno le stesse capacità nel recepire gli stimoli e le informazioni. Alcuni atleti hanno necessità di "vedere" l'esecuzione di un movimento per poterlo apprendere (apprendimento "visivo") mentre altri riescono a focalizzare un movimento meglio tramite le nostre spiegazioni vocali (atleti "auditivi"), altri ancora apprendono solo "provando" il movimento su di loro (atleti "cinestetici").

Purtroppo la maggior parte delle informazioni che diamo ai nostri atleti durante l'allenamento vengono dimenticate già all'inizio dell'esercizio successivo. A me capita spessissimo. Sono arrivato alla conclusione che questo è quasi sempre dovuto agli errori che faccio nel trasmettele.
Un ultima cosa: a volte ci dimentichiamo che le informazioni che comunichiamo non debbono servire solo alla correzione di un singolo gesto tecnico o alla soluzione di una determinata situazione tattica, ma devono far parte della "maturazione" complessiva dell'atleta... ma forse qui sto andando fuori tema. Sto entrando nel campo di quella roba che gli americani chiamano "self-efficacy". Magari ne parlerò un altra volta, ok?

3 commenti:

Flame ha detto...

okay, sono d'accordo sul modo, ma non sempre è possibile scegliere il momento in cui dire qualcosa. Se p.es. devo fare una correzione a un movimento sbagliato non posso mica fargliela a fine esercizio. sono costretto a fargliela subito. Poi non ho capito bene il discorso sui visivi, auditivi ecc.
Che volevi dire?

L@z ha detto...

Beh, forse mi sono espresso male quando parlavo di "momento". Intendevo dire che, per usare il tuo stesso esempio, se vedo fare un errore durante un esercizio posso scegliere se dargli subito un input verbale senza fermare l'esercizio, oppure aspettare che la palla cada, o anche fermare l'esecizio e fare una correzione più completa, o ancora, al limite, combinare le cose insieme. Ovviamente il "modo" ed il "momento" in cui comunicare sono due aspetti strettamente correlati tra loro, l'insieme può fare la differenza per colpire nel segno e far "memorizzare" all'atleta la nostra correzione.
Per quanto riguarda il discorso sui sistemi rappresentazionali (visivi, auditivi...) se non ne hai mai sentito parlare è un discorso un pò lunghetto da trattare, magari in futuro scriverò qualcosa di più dettagliato. Nel frattempo ti rimando a questa pagina web (www.alleniamo.com/medicina.psico/2005/preparazione.partita.htm) dove c'è una semplice descrizione dell'argomento. Se mi mandi un indirizzo di e-mail poi ti posso mandare qualcosa (se non l'ho perso).

Stefano Fanti ha detto...

Penso che Andrea voglia porre l'accento sullo stile di comunicativo dell'allenatore che deve per forza coincidere con lo stile d’apprendimento dell'allievo. Per precisare meglio, la prima forma d’apprendimento motorio e quella che va per imitazione, di conseguenza il canale ossia la via attraverso cui il messaggio è inviato deve essere visivo ( C'era e c'è tuttora la tendenza a consegnare i settori giovanili a giocatori esperti e bravi tecnicamente proprio per questo gioco d’imitazione). Più difficile e trovare allievi che preferiscono il canale auditivo perché devono avere in ogni modo un ottimo bagaglio motorio in maniera da crearsi un’immagine motoria da ripetere. Per quanto riguarda quello cinestesico dipende dalla capacità di saper interpretare le informazioni che ti arrivano dal tuo corpo, perciò dipende molto dall’età dell’allievo perché è legato allo sviluppo del sistema nervoso.
Alla base della comunicazione ci deve essere la conoscenza della materia ma allo stesso modo e importante che il codice o canale che utilizziamo per trasmettere il nostro messaggio sia adatto ad entrambi.

Andrea dice “Purtroppo la maggior parte delle informazioni che diamo ai nostri atleti durante l'allenamento vengono dimenticate già all'inizio dell'esercizio successivo. A me capita spessissimo. Sono arrivato alla conclusione che questo è quasi sempre dovuto agli errori che faccio nel trasmettele.”

Ogni volta che sbaglio allo stesso modo mi viene in mente un frase di quell’abile comunicatore che è Velasco: Utilizzare parole chiave e ripeterle fino alla nausea cosi da focalizzare l’attenzione su un particolare e basta. Dare troppe informazioni è peggio che non darne.

Andrea, grazie di esistere.