martedì 20 marzo 2007

La cura dei particolari.

Avete mai visto una partita di golf? Avete visto con quanta meticolosità i giocatori si preparano al colpo? La mano un centimetro giù, la punta del piede un pò più a sinistra, la gambe un pochino meno flesse... anche per il colpo più semplice, l'attenzione e la cura del particolare è maniacale. Ed è ovvio che sia così: Dove è necessaria la precisione, i particolari fanno la differenza.
Nel volley succede lo stesso. Vi siete mai chiesti la differenza che passa tra un mano-fuori e un muro in campo? ve lo dico io: talvolta bastano le mani 5 cm più a lato, o un polso un pochino più rigido... insomma un inezia.
E tra una ricezione perfetta e una dall'altra parte del campo (per capirci, un "rigore" per l'avversario)? Sono sufficienti un paio di gradi di differenza nell'inclinazione del piano di rimbalzo, o una spalla un pò più in basso.
La cura del particolare nel volley è fondamentale; con una differenza rispetto ad altre discipline: Abbiamo pochi istanti per agire.
Per ottenere percentuali alte in quasi tutti i fondamentali della pallavolo è necessario affinare la tecnica in modo maniacale. Una mano messa meglio, un piede ben piazzato, la giusta tensione muscolare nell'esecuzione di un colpo può darci quei due punti in più in un set che ci fanno chiudere 25 a 23 per noi e non per gli avversari.
Ci avevate mai pensato?

2 commenti:

alberto ha detto...

scusate la brevità!
ma voglio intervenire solo per dire che la cura del particolare è la cosa più importante che cerco di trasmettere alle mie atlete, ma vorrei aggiungere di più.
Quello che cerco di inculcare è che un allenatore non può vedere più di 2-3 cose contemporaneamente, per cui non può vedere e correggere tutte le piccole imprecisioni che avvengono ogni giorno in palestra, ma può dare indicazioni specifiche a priori a ogni atleta, che le permetta di autocorreggersi costantemente e/o concentrarsi su quella singola attività per migliorare questo o quel particolare tecnico!
Da cui, la conseguenza che, ogni atleta è la migliore allenatrice di se stessa...

Stefano Fanti ha detto...

Sicuramente partire da una visione complessiva per arrivare al particolare è la strada da percorrere, purché alla base ci sia una programmazione evitando di sovrapporre troppi elementi che possono creare confusione e in definitiva non risolvere un bel niente. Al termine di ogni stagione mi metto sempre la stessa domanda: sono riuscito ad incrementare le capacità delle mie atlete? Vi assicuro che avergli insegnato o migliorato una sola cosa per me è gia un successo. Visione generale-cura del particolare globale-analitico facile-difficile, ma soprattutto eseguire bene le cose più semplici.