mercoledì 21 marzo 2007

Sempre su correlazione muro-difesa...

Stefano mi ha mandato il suo parere sull'argomento che vi posto subito:
"Credo che la correlazione muro-difesa sia l’argomento più affascinante e più complicato della pallavolo e anche io modestamente vorrei esprimere qualche concetto, partendo dall’esperienza sul campo e dalla ricerca successiva del perché.
Un po’ a tutti è capitato di trovarsi di fronte a risposte del tipo:"Ma io l’anno scorso difendevo qui, lì un po’ più avanti un po’ più indietro" (specificando le coordinate precise al cm). Onestamente certe cose mi hanno sempre mandato in bestia, soprattutto perché non è semplice far capire, e qui mi trovo d’accordo con Andrea, che non esistono posizioni preordinate al cm.
E se mi permettete, e lo affermo senza un’accurata analisi, nelle categorie inferiori questo è un grosso problema forse anche più che in quelle categorie dove la tecnica non è o non dovrebbe essere un problema.
Mi spiego meglio, come si può stabilire una posizione di difesa così rigida, quando ci troviamo di fronte ad un palleggiatore avversario che palleggia una volta giusto una volta corto una volta più lungo, una volta attaccato un’altra volta più staccato, oppure quando il muro sbaglia la sua posizione per opporsi all’attacco lasciando praterie di campo scoperte. Bisogna saper leggere…
Quando mi sono trovato di fronte a giocatori e giocatrici che avevano saltato tutte le tappe dal minivolley ai campionati giovanili, devo affermare che il fallimento è stato spesso frustrante, probabilmente perché avevano bruciato tutte le fasi sensibili per sviluppare le capacità percettive indispensabili per una buona lettura.
Ma allora in questi casi cosa possiamo fare? Personalmente credo che ci sia ben poco e credo che sviluppare le capacità coordinative in un atleta non più giovane e quasi sempre una perdita di tempo.
Sarà un singolo caso, ma rinforza questo concetto, l’esempio di un mio centrale che ha praticato la pallavolo fino all’età di 17 anni, ha fatto una pausa di circa 9 anni per riprendere a giocare alla tenera età di 26 anni. Questa ragazza riesce a fare quegli aggiustamenti indispensabili per disporsi sempre ( sto esagerando) sulla traiettoria della palla per la difesa. Guarda caso non ha la stessa attitudine, quando si trova a dover leggere per il muro. La difesa l' ha sviluppata principalmente in età sensibile, il muro, quando la capacità d’apprendimento motorio è più rigida (Andrea sicuramente avrà capito di chi sto parlando). Bisogna saper leggere e aggiustare
La pallavolo è uno sport d’anticipo, ma devo affermare che probabilmente questa teoria e stata male interpretata da molti allenatori. Prima si deve leggere e poi fare l’aggiustamento, che deve avvenire prima del contatto della palla dalla mano dell’attaccante. Questo è un altro problema che ho trovato in troppe ragazze, e in una categoria come la C e troppo grave. Ho sempre proposto con i giovani esercizi che puntavano a migliorare questa capacità ( io gli chiamavo 1-2-3 stella), perché voglio che il mio atleta fermi di colpo il suo movimento aspettando che lo schiacciatore colpisca la palla, Quando toccano la palla voglio che si muovano verso la palla e non che stiano andando in posizione di difesa.
Ho avuto risposte del tipo: ho pensato ad una palletta e volevo anticipare lo spostamento difensivo per recuperare la palla. Questo non è anticipo è incoscienza pura.
Quindi come puoi vedere non sei l’unico a pensare che bisogna insegnare a leggere , e non bisogna farlo con interminabili e pallose ore di teoria, ma con situazioni di esercizio che mirino allo sviluppo della funzione percettiva.
Per terminare ma ci sarebbe ancora tanto da aggiungere, dovrebbe essere nella coscienza di ogni allenatore che lavora nelle categorie giovanili quello di sviluppare alcuni elementi fondamentali della coordinazione ( tempo di reazione, equilibrio, orientamento, dissociazione, ritmo e scelta di tempo, differenziazione ecc.), perché altrimenti ci rimane solo una strada: dare le coordinate della cosiddetta posizione finale di difesa."
Grazie del contributo Ste, a presto.

3 commenti:

Il Giovane Palleggiatore ha detto...

Mi chiamo Daniele e non sono isolano, ma ho talmente apprezzato il vostro sito+blog che non ho resistito alla tentazione di lasciare alcune mie impressioni.
Gioco da 15 anni e ora mi sto formando come allenatore.
Gli stimoli che offrite sono davvero tanti.

1) Innanzitutto mi sono quasi commosso per il post sui secondi allenatori e posso confermare che un secondo allenatore in gamba può davvero fare la differenza in palestra.
In più anche io ho un blog dove esalto in maniera parecchio ridicola le gesta del fantomatico " giovane secondo palleggiatore" della Carife di B1 (il sottoscritto): sono quindi molto sensibile a tutte le tematiche che toccano "i secondi".

b) La correlazione muro-difesa è un argomento appassionante.
Sono d'accordo che si debba allenare non appena si comincia ad inserire il muro, anche se il più generale adattamento della posizione difensiva alle situazioni è qualcosa che secondo me prescinde anche da questo.
La mia esperienza limitatissima da allenatore delle giovanili (under 13) è stata proprio in questo senso: ho cercato per prima cosa di stimolare la percezione e la lettura delle situazioni. Qualcuno mi ha obiettato che questo crea una distorsione verso una prevalenza di "situazionale" nell'allocazione del tempo dell'allenamento. Io trovo però che le cose non siano incompatibili, anzi ho notato che inserire un po' più situazionale aumenta di moltissimo la resa degli esercizi di tecnica (anche super-analitici) perchè aumenta negli atleti (soprattutto nei giovanissimi) la consapevolezza dell'obiettivo finale per cui gli esercizi devono essere fatti "con cura dei particolari e attenzione maniacale alla tecnica": la sintesi di gioco.
E poi esistono anche esercizi analitici che non sono propriamente di tecnica, ma che aumentano la capacità di percezione-reazione in maniera mirata e specifica.
Quindi il discorso è molto più articolato, secondo me, rispetto ad una dicotomia "gioco=situazionale e tecnica=analitico".
Ritornando al discorso del muro-difesa, ricordo che il primo ad inserire la "chiamata" del muro (parallela o diagonale e poi tutte le varianti successive) fu probabilmente Velasco all'inizio degli anni Novanta. Da allora quasi tutti gli allenatori hanno cominciato ad insegnare che il muro deve chiamare la direzione. Che poi si traduce in una prescrizione per la difesa: se si mura in parallela la difesa è questa, ecc..
Io da piccolo seguii alcune "lezioni" di Velasco e da quanto mi ricordo mi pare che sia stato tradito dalla moda quello che era il messaggio originale: la chiamata del muro è un qualcosa "in più" da limitare a quando le situazioni di alzata sono molto standardizzate e codificabili. Di base Velasco insegnava a NON chiamare la direzione di muro se non in situazioni particolari dove si notava una prevalenza dell'attaccante estremamente marcata o altre situazioni tattiche molto specifiche.
Questo si riflette sulla difesa...
Altra cosa che mi si è obiettato è che così non si costruisce una tattica "di squadra". Io rispondo in genere, con personalissima opinione, che una tattica di squadra che prescinde da una buona tattica individuale è una casa costruita senza le fondamenta. L'organizzazione complessiva è importantissima, ma credo non serva a nulla se questa organizzazione non è il coordinamento di tattiche individuali precise ed allenate.

Vi ripeto che si tratta di consoderazioni da "neofita" e quindi mi farebbe davvero piacere ricevere le vostre opinioni...
Ancora complimenti per l'iniziativa del sito!
Daniele

L@z ha detto...

Ciao Daniele, grazie mille per il contributo. Mi riconosco in diverse cose che hai scritto, ma in particolare condivido questo: "una tattica di squadra che prescinde da una buona tattica individuale è una casa costruita senza le fondamenta. L'organizzazione complessiva è importantissima, ma credo non serva a nulla se questa organizzazione non è il coordinamento di tattiche individuali precise ed allenate."
Davvero molto interessante...ci sarebbe da ragionarci un pò sù.
Per favore mandami il tuo indirizzo email, vorrei contattarti personalmente, ok? A presto.

Unknown ha detto...

riprendo in questo post ciò che ho cercato di esprimere nel precedente, in quanto trovo in alcuni passaggi di Stefano le 'conferme' a quanto già detto:
"..Quando mi sono trovato di fronte a giocatori e giocatrici che avevano saltato tutte le tappe dal minivolley ai campionati giovanili, devo affermare che il fallimento è stato spesso frustrante, probabilmente perché avevano bruciato tutte le fasi sensibili per sviluppare le capacità percettive indispensabili per una buona lettura...".
non corcordo al 100% sulle cause indicate, ma è palese quello che si evince:
spesso gli allenatori U16 si trovano ad allenare atlete che non hanno avuto un curriculum alle spalle, nonostante ciò trattano le loro allieve come se fossero alla loro 10^ annata di volley... attaccando l'allenatore precedente e dando così all'allieva l'alibi dietro cui potersi difendere in futuro.

ho già accennato sopra che non concordo al 100% sulle cause e spiego il perché:
ritengo che se quell'atleta non sia arrivata dove sono arrivate quelle che hanno iniziato prima di lei, è principalmente per il fatto che quell'atleta non ha avuto la stessa quantità e qualità di tempo dedicatale all'apprendimento.

anche qui, sia ben chiaro, la 'colpa' non potrà essere di nessuno in particolare:
non è colpa dell'allieva se ha deciso più tardi delle compagne di cominciare la pallavolo;
non è colpa dell'allenatore se non può dedicarle il 100% dell'attenzione e non può permettersi di far fare alla squadra gli esercizi di tecnica individuale con le percentuali tipiche delle fasce di età inferiori (lasciamo stare il discorso II° allenatore: nelle società che possono permetterselo, non si arriva a reclutare atlete U16 principianti).

sono quindi convinto che se a quella atleta 26enne le si facessero fare tutti quei passaggi che ha saltato, non avrà problemi ad impararli... certo, ammesso che abbia la volontà (a fatti e non a parole) di impararli!
...sono pure convinto che, nel caso, li imparerebbe in tempi minori rispetto ad una giovane.

"imparare a leggere e valutare"?
d'accordissimo :)
ma credo che se un'atleta impara a RAGIONARE e quindi a reagire in base a ciò che legge, lo stesso argomento "correlazione muro-difesa in U14" passerebbe in secondo piano.
alla fine, se ci pensate bene, la "correlazione muro-difesa" è un modo per diminuire i compiti dei difensori... ed in questo, quindi, mi troverei d'accordo con quanto riportato da Daniele circa Velasco (non so se sia stato lui o gli USA ad inserire la correlazione muro-difesa):
inserire la chiamata del muro a livello U15 o inferiore, la ritengo una limitazione di pensiero.
NB: questo, per me, non significa che in allenamento non si debba insegnare.