venerdì 16 marzo 2007

Alcuni (tristi) dati - 2

In un post di fine febbraio (clicca qui per leggerlo) ho messo in evidenza i numeri del calo di squadre sarde iscritte ai campionati negli ultimi anni. Come promesso, dopo aver letto i vostri commenti che mi sono arrivati via mail, vorrei riassumervi la mia opinione sui motivi di questo crollo.
Sono parzialmente d'accordo con tutti quelli che attribuiscono la causa alle alternative allo sport che i giovani hanno a disposizione oggi. In generale il cambio dello stile di vita delle nuove generazioni, sommato alle novità tecnologiche disponibili (videogame, telefonini, internet, satellite, ecc.), ha influito non poco sulla voglia di impegnarsi in palestra; ciò accade in particolare nelle città più grandi e perciò più ricche di possibilità di svago.
Ma non ridurrei il discorso a questo, anzi, non credo proprio che la causa principale sia questa.
Penso che il volley stia facendo gli stessi errori che fece il basket nel periodo post-Brill... ve lo ricordate? Se no, vi rinfresco la memoria.
Circa una trentina di anni fa, in sardegna il basket visse uno dei suoi momenti TOP: squadrone in serie A ( il mitico "Brill") con palazzetto sempre pieno, pagine intere di articoli sull'Unione, non c'era paesino della sardegna che non avesse la sua squadretta con annesso campetto di pallacanestro, vivai pieni di talenti... fantastico.
Passati 20 anni però, il basket era sparito dai piccoli centri e rimaneva solo nei paesi più grandi. Pochissimi vivai validi e giovani di talento, pochi appassioniati, almeno al confronto col periodo precedente. Solo negli ultimi tempi sta riuscendo a risollevarsi... perchè?
Il basket fece un errore gravissimo. Il "Brill" fu contemporaneamente causa ed effetto di un delirio di onnipotenza che oscurò le serie minori agli occhi della gente e della FIP regionale. Improvvisamente i vivai delle grandi società, scimiottando i club d'oltre tirreno e su consiglio dei vari selezionatori nazionali e regionali, si concentrarono sugli atleti con attributi fisici "da alto livello" e trascurarono gli atleti "normali". Inoltre le società più grandi, pur di avanzare di categoria o di mantenerla, si affidarono ad atleti di altre regioni spesso scialaquando cifre pazzesche. Nel frattempo una miriade di piccole società, in particolare quelle lontane dalle città, chiudevano i battenti strangolate da norme finanziarie e organizzative insostenibili (tasse gare esose, norme sugli impianti , giovani obbligatori, allenatori di categoria troppo "cari", ecc.) ma consone alla visione distorta di pochi dirigenti.
Quando si risvegliarono dal sogno, e si accorsero che il vero motore di tutto il movimento non erano la federazione e i grandi club, ma proprio quelle piccole società che giudicavano troppo "amatoriali" e disorganizzate per la loro visione di un basket "moderno", era troppo tardi. E il crollo fu pesantissimo.
Quello che è successo al basket deve essere un monito per noi pallavolisti. Il volley è gravemente malato, e a mio parere la maggioranza dei giovani, in particolare nel maschile, oggi non si avvicinano al volley perchè non c'è più nessuna società nel loro quartiere (o paese), e non soltanto perchè giocano alla playstation. Io stesso non avrei mai iniziato a giocare a pallavolo, se non ci fosse stata una società raggiungibile a piedi da casa mia...
Il volley in sardegna si sta lentamente suicidando senza accorgensene. Forse siamo ancora in tempo per salvarci... ma dobbiamo svegliarci subito.

1 commento:

Unknown ha detto...

azzzz... mi sto divorando il tuo blog con le lacrime agli occhi!
oramai credevo di essere l'unico a non accettare passivamente ciò che la federazione ci propina...

il problema del volley attuale?

1- i soldi.
non quelli che mancano per acquistare le magliette agli atleti, ma quelli che mancano per mantere la FIPAV!

2- la 'liberalizzazione' dei cartellini.
che se da una parte ha svincolato i piccoli atleti dalle società che non volevano farli giocare, dall'altra li ha consegnati direttamente a quella mentalità per cui:
solo "le grandi società" possono sopravvivere, perché se un ragazzo di una grande società decide di cambiare (difficile), la grande società non avrà grosse difficoltà di rimpiazzo,
ma se a 'cambiare società' è un ragazzo di provincia, dove magari la sua squadra era composta da 9 atleti, allora quella piccola società non potrà più affrontare un campionato coi restanti 8... e quegli 8 atleti saranno 'obbligati' a smettere.

occorre trovare un modo per premiare le società che per prime portino un atleta in palestra, non penalizzarle con lo spauracchio che quell'atleta sia libero di andarsene, gratuitamente per la nuova società che lo accoglie
(nel mio sito a breve posterò una mia personalissima proposta di premio, già presentata via mail al CP di Pisa e per l quale vi evito di esporvi qui cosa ne penso)