mercoledì 11 aprile 2007

Gli adulti e la tecnica individuale

Visto che a Pasqua ho avuto un pò di tempo libero, ne ho approfittato per riordinare degli appunti di corsi che avevo a casa. Scartabellandoli mi sono accorto che tutto il materiale che ho sulla tecnica individuale riguarda solo i settori giovanili. Mi sono chiesto il perché... e ho trovato un po’ di motivi possibili:
-1- Forse coi grandi è inutile lavorare sulla tecnica individuale?
-2- Forse agli atleti maturi non importa più affinare la loro tecnica?
-3- Forse la tecnica si insegna allo stesso modo ai giovani e agli adulti?
-4- Forse alla federazione non interessano gli adulti non già tecnicamente forti?

Alle prime tre domande risponderei in generale NO, con qualche dubbio sulla seconda; Per l’ultima la risposta a mio parere è SI. Ciò è anche ovvio, la federvolley è sempre troppo concentrata sulla prospettiva delle nazionali, perciò tende a trascurare tutto ciò che non è finalizzato alla creazione di atleti di altissimo livello. Del resto se l’aggiornamento degli allenatori lo organizzasse la lega volley, vedremmo sicuramente molti più corsi sull’allenamento degli adulti, sulla gestione degli stranieri, sulla tattica di squadra e sul coaching... Ognuno giustamente tira l’acqua al suo mulino, e finchè l’aggiornamento sarà restito dalla federazione, rassegnamoci a vedere trascurati gli aspetti relativi agli atleti evoluti.
Ma non è di questo che volevo parlare.

Io credo che la tecnica si possa (e si debba) imparare o migliorare ad ogni età. Ovviamente risulta più complicata la correzione di un gesto, quindi la modifica di uno schema motorio già acquisito, piuttosto che l’insegnamento di una tecnica nuova. Gli adulti sono perciò svantaggiati, rispetto ai giovani, perché portano con se un bagaglio motorio più ampio e radicato nel tempo. La modifica dei gesti implica perciò negli atleti evoluti una forte componente motivazionale, senza la quale è molto difficile raggiungere dei risultati.
Convinto come sono che senza buone tecniche individuali è praticamente impossibile impostare valide tattiche di gara, sia individuali che di squadra, passo molto tempo a lavorare sulla motivazione dell’apprendimento tecnico dei miei atleti adulti, a mio parere la vera discriminante rispetto all’insegnamento della tecnica nei giovani. I ragazzi sono quasi sempre motivati ad apprendere e a modificare la tecnica, gli adulti un po’ meno (e qui torniamo sul secondo motivo tra quelli elencati prima). Più che altro i “grandi” vanno convinti dei motivi per cui è meglio, per loro, modificare un gesto che spesso ritengono già abbastanza efficace. Se si riesce a convincerli di ciò e superare quindi questa fase ho notato che, almeno per la mia esperienza, sono ricettivi e rapidi nell’apprendimento quasi quanto i giovani (talvolta anche di più). Credo perciò che con gli atleti maturi la vera sfida di un allenatore sia non tanto come insegnare o modificare un gesto, ma convincere l’atleta che lavorare su quel gesto sia utile e possa dargli qualcosa in più come giocatore. Convincerlo cioè che non è un atleta “arrivato”.

Concludo ricordando una frase di un mio vecchio allenatore, che amo ripetere ai miei atleti più presuntuosi: “Il giorno che crederai di saper giocare a pallavolo, avrai smesso di imparare”. E non vale solo per il Volley, non vi pare?

1 commento:

Daniele ha detto...

Anche io credo fermamente nell'insegnamento della tecnica e nella continua ricerca del miglioramento a qualsiasi età. E credo anche che di atleti adulti si parli sempre pochino.

C'è sì uno scoglio psicologico-motivazionale forse più ampio da superare rispetto ai giovani: credo però che sia una condizione necessaria ma forse non sufficiente. Io non trascurerei anche l'aspetto più propriamente "fisico": gli automatismi radicati nel tempo si modificano con un ampio lavoro di "ripetizioni". Alcuni allenatori anche molto esperti mi dicevano di essere convinti che il tempo e lo sforzo che si impiegherebbero a modificare il gesto tecnico di un atleta adulto rappresentano nella pratica un "costo-opportunità" troppo alto sia a livello individuale che di squadra rispetto ai risultati (incerti) che si spera di ottenere.
In particolare sostenevano che le speranze minori si hanno con il palleggio dell'alzatore perchè è il gesto che in genere ha alle spalle più ripetizioni ed è il più consolidato. (Io non ne sono del tutto convinto e penso lo dicessero perchè avevano me di fronte..).
Posto che questo non deve essere un alibi per non provarci nemmeno, una soluzione intermedia e pragmatica forse accettabile, anche se sub-ottimale, potrebbe essere quella di "correggere nell'errore": accettare un gesto tecnicamente non corretto ma proporre al contempo piccoli aggiustamenti che consentono di migliorare comunque la prestazione finale rispetto all'obiettivo..
Mi piace la tua chiusura..mi fa tornare alla mente alcuni passaggi del Gabbiano Jonathan Livingstone..